IL MIO PRIMO TANGO ARGENTINO ~ Romanzo ~ di Antoine Clair –Ultima puntata

IL MIO PRIMO TANGO ARGENTINO
    (Romanzo) 

 

  Il primo tango


Finalmente arrivò il tanto agognato momento di gustare il piacere di entrare da tanghéri in una vera milonga.
Bisogna dire che nell’ambiente del ballo gli uomini intesi come maschi, non brillano certo di partecipazione, detta in breve in milonga si contavano poco più di una dozzina di tanghèri con una quantità imprecisata di dame.
Beh,   bisogna   aggiungere   che   il   tango   argentino   non   godeva   di   una   moda sfrenata come i balli caraibici, ma si pensava che alla fine della settimana una delle poche milonghe esistenti fosse più frequentata.
Ci accomodammo in un angolo molto favorevole per il controllo della pista, in effetti eravamo più interessati a come ballavano gli altri che alla comodità e alla possibilità di poterci muovere agevolmente.
Qualche   minuto   più   tardi   arrivò   trafelata  anche   Francesca,   le  procurai   una sedia sistemandola di fronte a me.
“Sono in ritardo?”
“Ma no … lo spettacolo non è ancora cominciato! Vieni, accomodati qui al mio posto”.  
Rispose subito Laura con fare da anfitrione e davanti ai sinceri convenevoli, Francesca si sedette vicino a me.
Laura le spiegò subito che si alzava solo per vedere se all’ingresso ci fosse quell’imbranato del suo cavaliere.


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“Filippo   …   l’ho   intravisto   mentre   cercava   il   parcheggio   per   la   macchina.”
Replicò subito Francesca.
“Vado lo stesso!” Laura si allontanò lasciandoci piacevolmente vicini, quasi in una maliziosa intimità.
Cominciò tra di noi una interessante conversazione, ci scambiammo i pareri sull’ambiente del tango, sulle persone  presenti  e non presenti  in sala, sulla mancata presenza di Alessandra e senza troppe inibizioni su tutto quello che il tango rappresentava per noi.
Avvicinandosi con fare da gattona e parlandomi con voce suadente mi fece subito   notare   che   della   nostra   scuola   i   pochissimi   cavalieri   presenti   erano solamente quelli accoppiati.
“Cosa vorresti dirmi, che gli altri possono pensare lo stesso di noi?”
“No,   questo   no   di   certo!   …   e   poi   le   altre   coppie   non   hanno   il   tutore onnipresente!”  Mi rispose con evidente convinzione.
“Chi?” le chiesi con espressione ingenua e una ben studiata ignoranza.
“Sufega fià!” Mi disse ridacchiando.
“Non mi dire che anche tu utilizzi i nomignoli che inventi?”
“No, penso di non esserne all’altezza! Questa è una tipica espressione della tua dama, la contessa Tai Tu”. Me lo disse con un sorriso eloquente prendendomi poi con leggerezza la mano.
Laura tornò quasi subito, le si vedeva chiaramente un broncio non occultabile, sembrava il Conte di Monte Cristo appena sbarcato in Francia.
Si diresse verso noi con comportamento guardingo simile a quello di un evaso che controlla un nuovo ambiente.
“Sono   in…cavolata   come   una   biscia!   Ma   dove   siamo   capitati,   nel   reparto geriatrico della mutua?”
Questa   domanda   fu   la   sconsolata   constatazione   di   Laura   all’arrivo   di   due nuove dame, che facevano parte del gruppo delle scoppiate.
“Qui ve la prendete comoda!” esclamò una delle due signore.
“State aspettando i permessi per ballare?”
Laura, che fino a quel momento trattenne le sue più sarcastiche battute, si lasciò sfuggire anche se a bassa voce:
“Si, aspettavamo qualcuno della comitiva dell’I.N.A.M. (della Mutua) che ce li portassero!”

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Nessuno   capì   la   battuta,   o   finsero   di   non   capirla   e   lasciarono   cadere   la
questione.
“Ciao, accomodatevi qui belle signore” mi affrettai a dire porgendo loro la mia sedia.
“Venite   belle   signore,   che   sorpresa   non   pensavamo   proprio   che   sareste venute!” ribadii nuovamente “Accomodatevi, ora procuro altre sedie.”
Mi  sentii  di aggiungere  quest’ultima frase per bloccare  sul  nascere  qualche battuta provocatoria di Laura.
“Io sono Soledad “ si presentò subito la più briosa.
Con fare cavalleresco accompagnai la sua mano verso le mie labbra e con un leggero inchino le dissi: “Incantato!”
Mi rispose con un sorriso e con una espressione leggermente sorpresa.
“Che strano nome, onestamente è la prima volta che lo sento!”
Sia   Laura   che   Francesca   scoppiarono   in   una   risata   incontrollata   tra   un singhiozzo e l’altro, poi chiedendo scusa, dissiparono l’equivoco.
“Ma no! Era la traduzione di  encantado  non il nome! Insomma per dire, che sono molto contento che siete qui!”
Ma la seconda dama con un’espressione seriosa ribadì subito:
“Piacere señor encantado, io sono Dolores”
“E dagli che anche questa non ha capito un tubo” sparo subito a zero Laura apparsa dietro le due dame.
Inserendosi   con   fare   fra   l’avvocato   ed   il   professore,   Laura   disse   con   tono perentorio:
“Il suo nome è Franco traduzione di Francisco e non “encantado” ma vedendo le nostre facce con espressioni divertite si interruppe subito.
“Mi prendete in giro, vero? Torno a cercare l’imbranato!”
Laura   se   ne   andò   quasi   saltellando   e   sparì   velocemente   dietro   al   divisorio dell’ingresso.
Dopo essersi presentate mi chiesero subito se il materiale datomi dalla loro zia era o no interessante.
Balzai verso Soledad, che oltretutto mi pareva la più disinibita e disponibile e l’abbracciai.
“Ti  ringrazio tanto, tanto così!”
Allargando completamente le braccia, poi riempiendola di affettuosi complimenti ed elogi.


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“Devi   ringraziare   anche   mia   cugina   anche   lei   è   comproprietaria   di   quelle testimonianze!  E poi perché ti ha portato anche questo!”
Dolores si fece avanti quasi timidamente e mi porse un grazioso pacchetto.
“Te lo presto volentieri perché sono sicura che lo apprezzerai! E poi mi ha convinta mia cugina!”
Scoprimmo   con   sorpresa   di   avere   due   compagne   d’avventura   di   nascita argentina, addirittura due prime cugine di lontana origine italiana.
“Grazie, lo apro a casa, ma cos’è di tanto prezioso?”
“Mi raccomando” aggiunse Soledad.
“E’ il diario del nonno di mia madre e del suo papà, c’è scritta la vita di mio bisnonno anzi del nostro bisnonno, trattalo con estrema cura! Sai, era un buon musicista!”
“Il pacchetto contiene inoltre alcune lettere di nostri parenti, emigrati italiani di fine secolo diciannovesimo proprio dall’Argentina, in cui si fanno ampi e chiari riferimenti   alle musiche ed ai balli, unico svago di quei momenti estremamente difficoltosi”.
“Ben ripiegate, infine, alcune fotocopie di stampe ed editti ministeriali argentini ma   soprattutto   dei   ritagli   di   giornali   d’epoca   stampati   ancora   con   caratteri mobili … non sono gli originali, li ho fotocopiati dalle bacheche, che ha in casa mio zio.” spiegò subito Dolores.
Ringraziai con cortesia anche se, a loro dire, non avrei dovuto trattenerle più di tanto, visto che riferivano fatti privati personali a volte imbarazzanti.
Giusto   appunto   promisi   di   utilizzarli   solamente   come   “notizia non confermata” senza fare mai riferimenti alle persone.
In effetti man mano che passava il tempo la sala tendeva a riempirsi e, con compiacimento delle dame diminuiva la percentuale che differenziava i due sessi.
Con piacere si vedevano le prime coppie che guadagnando il bordo della sala timidamente iniziavano un tango con i loro passi più semplici.
“Ma la tua dama? Come mai Alessandra non è qui tra di noi?”
Mi chiese maliziosa Minnie sopraggiunta nel frattempo insieme a Topolino, nomignolo dato di recente da Laura al suo partner in conseguenza della sua assidua presenza vicino alla donzella.
“Non mi dire che è scappata nuovamente ai Carabi con un noto ballerino svizzero!”
“Ebbene è cosi purtroppo!”
Le risposi con un vistoso accenno del capo.
“Fortunata lei, è sempre ai Carabi!”


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Ribadì con spirito allegro Minnie.
Tanto per cambiare discorso, quanto per rompere la stasi che si stava creando, lanciai subito un invito.
“Fanciulle, chi apre con me le danze?”
Chiesi guardandole come per scaricarmi la responsabilità della scelta.
Fu Soledad che con gesto deciso mi prese la mano e dicendomi:
“Grazie per la fanciulla, inizio io a rompere il ghiaccio”.
Accompagnandola verso la pista mi accorsi della sua piacevolissima acconciatura   ed anche dello sfizioso vestitino con spacco laterale e ampia scollatura posteriore che mostrava una bianchissima schiena.
Ebbi un istante di sincero imbarazzo, poi ricorsi a tutto il mio spirito tanghéro e con un deciso ma morbido abbraccio iniziai a ballare  il mio primo tango argentino con piacere e vera soddisfazione.        
Devo riconoscere che quel tango mi segnò la fantasia, ma come tutte le cose belle   terminò presto, terminò con una cortina musicale (brano musicale cortissimo che indica la fine di una sequenza di quattro tanghi).
Qualche minuto dopo apparve all’ingresso il protagonista, quasi come nei film.
Si era lui, era proprio Filippo vestito da gaucho, perfino con gli stivaletti con il tacco alto, il fazzoletto al collo e la fascia in vita.
Si sentirono in sala commenti ironici sul personaggio, quello che mi ricordo con piacere fu: “Guardate è tornato Rodolfo Valentino!”
Si diresse subito al centro della sala e quasi trascinando Laura, si impegnò in una decisa camminata tanghéra, che lo portò presso il nostro tavolino.
“Gente, non dite niente! Per noleggiare questo costume ho speso una cifra!
Dopo di ciò, ciao a tutti specialmente alle ospiti!”
Laura gli fece notare subito che le ospiti erano due compagne di corso, che così acconciate guadagnavano moltissimo nell’aspetto.
Senza perdere un istante si presentò a Dolores, la più bassa delle due e con un inchino e deciso gesto, come si addice ad un vero tanghéro, la prese per la mano e la accompagnò in un inadeguato tango.
“Ma guarda il porc… lo aspetto fino adesso e questo si mette a ballare con la
prima sconosciuta di passaggio!”
Laura disse subito digrignando i denti ed apparve all’istante sul suo viso una smorfia di rabbia, che ricordava quella di Achille quando apprese della morte di Patroclo.
“Dai balliamo!”


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Le dissi costringendola a girarsi verso di me, quindi cingendola per la vita la accompagnai verso la pista.
Poi stringendola un poco più del modo tradizionale iniziammo un tango di avvicinamento.
“Ho capito!” Mi sussurrò.
“Facciamo ingelosire la bestia, e vai!”
Incrociammo i nostri passi diverse volte con quelli della coppia italo argentina ma non ci parve di ottenere scambi di occhiate da parte del tipino.
Niente da fare!
Continuò a consumare il suo tango con un’assoluta applicazione, anzi direi meglio, con assoluta soddisfazione!
Al rientro verso il nostro angolo alla fine del tango mi accorsi subito di un raddoppio di tavolini e diverse altre sedie aggiunte, incredibile ben quattro uomini sedevano là.
I nostri eroi di rinforzo, i migliori del corso, i più appetibili, i più ricercati, i più ..i più eccetera, eccetera, con parole cosi accattivanti Laura si buttò quasi nella mischia.
Finalmente   la   serata   cominciò   a   girare   in   un   insperato   piacevolissimo avvicendamento di sensazioni, che ancora oggi a lontananza di tempo ricordo come un eccezionale fatto di vita.
Per completare la serata arrivarono anche Anna la selerona ed Adelaide detta Lady Godiva, accompagnata dal suo inseparabile Carletto, Riccardo detto il palestrato, Achille “il dottore dei motori”, poi man mano la maggior parte di tutti i partecipanti del nostro corso di tango argentino, anche quelli non citati.
Gran scalpore fu l’ingresso di Antonio “il bello” accompagnato dalla coppia degli   ingegneri   “l’argentato”   alias   Simone,   ed   incredibilmente   Guglielmo senza Pia, la dottoressa!
Ognuno che mi si avvicinava dopo i saluti e convenevoli del caso mi faceva la stessa domanda:
“Come mai non c’è Alessandra?”


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Rispondeva sempre per me Francesca che con ironia ripeteva la solita frase oramai   utilizzata da tutti nel caso che mancasse qualche dama, mentre io confermavo con il cenno del capo ed una leggera smorfia della bocca.
“E’ scappata disperata con un ballerino svizzero!”
“Dove, a Puerto Escondido?”
“No!  Ai Caraibi naturalmente.”
Si, devo riconoscere che Francesca mi riempi notevolmente la serata con la sua attenzione e calda partecipazione.
Mi fece intravedere tutte quelle caratteristiche magiche che  si sussurra appartengano al tango argentino.
Mancarono a quella favolosa serata d’iniziazione anche i nostri supereroi, i nostri impareggiabili maestri di tango.
Rimase epica la frase di commento che circolò tra tutti noi:
“Oramai siamo maggiorenni, e non abbiamo più bisogno di tutori, del tango s’intende!”
La serata si consumò troppo velocemente, goduta fino all’ultimo minuto.
All’uscita ci salutammo tutti con calorosi arrivederci, rinnovando scambi di telefoni e convenevoli.
Da ogni persona o coppia salutata ricevetti la richiesta di invio di notizie sulla storia della nascita del tango, dovuta al fatto che Laura divulgò rapidamente la novità   dell’ampia ed interessantissima quantità di fatti, testimonianze e nozioni in mio possesso.
In quel frangente promisi di organizzare e trascrivere tutto con discrezione su quello, che sarebbe diventato un libretto informativo della nascita del tango.
Fine delle lezioni, fine degli incontri programmati, fine dell’avventura, rimasero   solo  forti  sensazioni,  che per diverso tempo mi lasciarono in  uno stato di incredibile mancanza.
Si, una incredibile necessità di esprimere impressioni e passioni assopite e mai emerse, restò in me la convinzione di aver perso l’occasione, l’attimo fuggente di comunicare agli altri ciò che non ero riuscito ad esprimere con le parole.
Che strano!   
Di tempo ne avevo avuto moltissimo, ma solo in quel momento mi resi conto che avrei potuto raccontare queste mie impressioni solamente con uno scritto!
Ritengo che per tutti i miei compagni d’avventura la situazione sia stata la stessa, in quanto per colmare questa mancanza si cercarono tutte le scuse possibili.    
Promesse di un passa parola per divulgare subito la notizia se ci fossero novità, film o rappresentazioni, spettacoli folcloristici o solamente la presenza di un maestro di tango argentino, queste le scuse più evidenti per riempire un vuoto o sicuramente uno scopo che ci era venuto a mancare troppo presto.

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Poi organizzare nuovi incontri nel fine settimana in diverse milonghe, pur sapendo che senza un impegno fisso le "necessitudini" della vita non fanno collimare quasi mai i propri impegni con quelli degli altri.
Tutti, senza   distinzioni, mi chiesero quando potevano avere il libretto informativo sul tango.
Era la prova evidente che adesso lo sapevamo ballare anche senza essere dei campioni, ma quello che ci mancava era sicuramente l’apprendimento della cultura del tango.
Eravamo più che consapevoli che a monte di un ballo che ti impone delle forti sensazioni celate in un abbraccio, ci dovesse essere molta storia e troppe circostanze di cui eravamo assetati di venire a conoscenza.
Ritornai a casa dopo aver accompagnato le mie due dame, quella che mi ha dato tanta compagnia e se vogliamo spensieratezza ma soprattutto quella che più mi ha fatto avvicinare alle piacevoli ed anche tormentate sensazioni che il tango comunque provoca.
Mancava, come fosse un rimpianto, solamente colei, che con affetto con comprensione e forse con un poco di fatica, effettivamente mi aiutò ad affrontare questa piacevole avventura, che strana iniziazione!
Gaiezza, tormentata passione, sicurezza in un relazione e speranza di poterle riabbracciare tutte.
Rimasero solamente rapporti telefonici e qualche rara uscita per una sempre mal organizzata milonga e le continue rinnovate promesse di ritrovarci in un giorno  futuro a riprovare  vecchie e nuove esperienze  ed ad ogni occasione restava forte la voglia di conoscere la storia del tango.
Dopo un’indagine sofferta e ampiamente discussa via telefonica in più occasioni, essendo stato impossibile ripetere un nuovo grande incontro, coi più eruditi del gruppo con decisione unanime, si stabilì definitivamente il titolo della ricerca.
Si, il titolo del libretto informativo non sarà  “La storia del tango”, ma “Le radici del tango argentino”, troppo si è scritto su questo argomento e innanzi tutto da veri ed importanti scrittori.
Con le consulenze dei più dotti ci riterremo soddisfatti di ricercare le più probabili ragioni questa stupenda nascita.

 

 ~  Fine  ~

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