Le danze del folclore argentino: La “Habanera”

La "Habanera"  è una danza afrocubana  apparsa nel XIX secolo ed importata in Argentina dai marinai che fecero scambi commerciali tra Buenos Aires e la Havana. Contribuì a far nascere la milonga e quindi il tango.

Breve Storia.

L’origine della habanera si suppone sia collocabile a Cuba a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo come una variante della quadriglia francese di Haiti la quale, derivando dalla contraddanza francese, è a sua volta da considerarsi una variante del folk inglese o contraddanza inglese.   La contaminazione della quadriglia francese sembra non voluta dagli altezzosi benestanti residenti francesi di Haiti, ma imposta nei balli in pubblico dai commercianti di tabacco e zucchero inglesi e irlandesi.    Essi la ballarono in modo più mascolino, senza le sdolcinate movenze, inchini e baciamani della nobiltà francese, riscuotendo il successo da parte della popolazione  haitiana, specialmente della borghesia di derivazione estera.   Questa musica venne suonata con una grossa partecipazione di violini, flauti e piccole fisarmoniche, ballata dalle numerose ed allargate famiglie francesi che colonizzarono Haiti. La storia ci racconta che queste famiglie coloniche di origine francese, detennero proprietà e potere politico economico fino alla fine del 1700 nonostante la significativa urbanizzazione locale e straniera.    La variante della contraddanza francese caratterizzata da suoni corti e veloci, con cadenza alquanto lenta, contrastò con la musica haitiana interpretata dalla popolazione indigena.        La musica autoctona veniva eseguita con chitarre, cadenzata con leggere percussioni metalliche, dando luogo a lunghe note vibrate, che richiamavano alla mente un romantico lento e prolungato suono, un languido  pacato timbro.    Questa musica tipica delle Antille imponeva balli molto lenti e passi strisciati da parte dell’uomo e della donna, che li rafforzava con movimenti accattivanti delle braccia e con movenze sinuose del corpo. L’influenza di questa musica indigena determinò un cambiamento  dei timbri, che adattarono i suoni corti e rapidi a suoni più lenti e cadenzati, soprattutto nelle composizioni rivolte alla popolazione di origine francese, di umili condizioni e lignaggio.    Contemporaneamente si modificò anche il modo di ballare degli indigeni, con la risultante di movimenti più vicini alla vecchia e borghese contraddanza,  passi più veloci, cadenzati e meno strisciati che rallentavano vistosamente i flessuosi movimenti del corpo.     Queste variazioni vennero imposte dalla minoranza francese per adeguare, o per meglio dire smussare, come riportato in un commento del periodo, “le barbariche usanze degli indigeni ad un loro più moderno comportamento sociale”, ma soprattutto per non offendere il senso del pudore del ceto religioso.     Per ballare questa musica necessitava una superficie senza grosse asperità del terreno, normalmente un selciato o una terra battuta erano sufficientemente lisce per eseguire  i movimenti senza dover staccare molto i piedi dal terreno.    

Verso la fine del 1700 con l’aumento della popolazione di origine francese vi fu un ritorno di breve durata alle musiche d’oltre oceano, che non imposero una nuova influenza sulla musica e sul ballo già modificati.    Ritornarono brevemente di moda le espressioni musicali come il passa piéd, la quadriglia e il minuetto suonate in ¾, solo come manifestazioni locali senza contaminazioni.

Non ci sono testimonianze o non sono arrivate a noi notizie di ulteriori variazioni di questa già contaminata musica popolare che è sempre stata menzionata, stranamente, senza un nome particolare.     

Una indicazione non comprovante viene da una lettera scritta fra due commercianti argentini alla fine del secolo XVIII, che indica questo ballo presumibilmente in senso dispregiativo come "danza degli schiavi", con il nome di “contraddanza haitiana”.    Questa ultima variante musicale passò da Haiti a Cuba insieme a tutte le masserizie e le usanze dei coloni francesi e con tutto l’entourage della borghesia, emigrati là dopo la rivoluzione popolare haitiana per liberarsi dalla schiavitù.     Questa insurrezione iniziò nel 1801 e rese indipendente l’isola nel 1804.     La variante di contraddanza nel corso della prima metà del secolo XIX si amalgamò con le armonie afro cubane ed ispaniche prendendo una propria tonalità e cadenza riproposta però con ritmo binario.     Divenne popolare in tutta l’isola, e poiché venne suonata e ballata prevalentemente nella capitale la Habana, prese il suo nome e venne nominata dai musici cubani “la habanera”, la musica della “Habana”.   

Divenne popolare in Europa grazie al musicista compositore spagnolo Sebastian De Iradier, che con il suo brano “La Paloma” scritta presumibilmente dopo il 1856  la fecendo diventare una moda ed un riferimento, quale esempio per tutte le nuove musiche dette allora, “serie ed impegnate”.   La habanera si divise in due correnti musicali ben definite, la prima composta e suonata come musica da camera o operistica da formazioni musicali con prevalenza di strumenti a corda, arpa, violino, viola, contrabbasso, chitarra e pianoforte per una società d’élite,  messa in musica da autorevoli compositori quali, Isaac Albeniz, Camille Saint Saens, Manuel De Falla e Maurice Ravel.    La seconda suonata e ballata dal popolino cubano con l’utilizzo di piccole armoniche accompagnate da violini, chitarre e flauti. Cadenzate da particolari strumenti a percussione era cantata con motivetti dalle parole banali o filastrocche ripetitive e mai messe in musica ma tramandate dalla memoria popolare.  

Gli strumenti a percussione più noti utilizzati a Cuba ma esportati velocemente in tutto il Carribe e nella grande area del Rio de la Plata furono il “Conga”, tamburo afro cubano suonato con le dita ed il palmo della mano e le “Clave” due bastoncini cilindrici di legno duro, che battuti tra di loro emettono un suono idiofono quasi metallico.    Queste nuove combinazioni musicali venivano suonate non più solo con strumenti a corda, violini, chitarre e mandole che facevano sia il ritmo che la melodia, ma anche da strumenti a fiato.       Infine si inserirono come accompagnamento nuovi strumenti come le piccole armoniche e le grandi fisarmoniche.   A Cuba la habanera non è mai passata di moda, ma è rimasta come musica tradizionale ed è ancor oggi composta e suonata.   Il maggior artista cubano di questo folclore locale, fu Ignacio Cervantes.    Con l’accentuarsi degli scambi commerciali navali tutta l’area della foce del Rio de la Plata divenne lo scalo finale di tutto il transito della navigazione proveniente dall’Europa e passante dai Caraibi, specialmente da Cuba.   I Caraibi non erano sufficienti ad assorbire un intero carico di un grande mercantile transoceanico, che proseguiva poi per i porti del Rio de la Plata per scaricare il grosso del trasportato in prodotti finiti. Di rimando le navi che partivano per l’Europa riempivano le stive con i prodotti grezzi o semilavorati argentini e completavano il carico con un transito verso Cuba imbarcando spezie, zucchero, tabacco e altre mercanzie caraibiche.  La habanera invase tutta l’area portuale del Rio de la Plata ed i porti caraibici ad essa collegata commercialmente,  la musica suonata e ballata dai marinai delle navi, che fecero da spola, trasportando viandanti, mercanzie e derrate alimentari, specialmente dall’Europa con scalo a Cuba in un caos di lingue, razze e costumi.   Le frasi che seguono sono tratte da una lettera inviata da un benestante argentino ad un parroco di un paesino veneto del Polesine in risposta alla domanda sulla diffusione della habanera nell’America del sud. “La habanera venne fatta conoscere e quindi diffusa specialmente in Argentina dai marinai latino americani imbarcati sui mercantili, che fecero da spola tra Cuba e Buenos Aires”.    “Ballata sui ponti delle navi, sui moli dei porti, davanti ai magazzini di smistamento delle merci e specialmente nei cortili delle “conventillos” (case di basso profilo popolare) dislocate negli arrabal (quartieri periferici in prossimità del porto)”.    “Questa musica ha fatto sicuramente parlare di sé per la sua briosa cadenza”.   La città di Buenos Aires riorganizzò e modernizzò il suo porto commerciale proprio negli anni che seguirono la fine della guerra con il Paraguay nel 1868, aprendo grandi magazzini e capannoni di stoccaggio.     

Impostando la meccanizzazione dello scarico delle merci divenne in pochi anni il più importante polo del commercio navale del Rio de la Plata.   Tra il porto e la periferia sud est di Buenos Aires si formò un largo quartiere super gremito di ogni sorta di costruzioni, magazzini, alberghetti, locali di ristoro e di svago, negozi tipo spaccio ed infine abitazioni, in seguito venne denominato dal grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, “le orillas”. Sorsero spontanei in questa affollata area ogni sorta di locali atti all’intrattenimento, al ristoro o pernottamento per un numero di viaggiatori sempre in aumento.   Per attrarre l’attenzione dei viandanti verso i locali di ristoro o di svago si ingaggiarono formazioni musicali che si combinarono spontaneamente.    Ogni configurazione di queste orchestrine venne composta da pochi elementi ma con una ampia e strana combinazione di strumenti musicali e razze di musici.   Da alcune lettere di emigrati italiani in Argentina si legge che era diventato un vero diversivo, che in poco tempo divenne una moda andare la domenica di locale in locale al porto di Buenos Aires.   Si andava in piccoli gruppetti di amici o di colleghi di lavoro per scoprire, ascoltare e goderne delle diverse e a volte davvero strane combinazioni delle conformazioni di gruppi musicali.   Alcune combinazioni rimasero di gusto allargato altre si persero o rimasero come nicchia d’ascolto per persone di classi più elevate.   Entrarono a far parte dell’enorme caos musicale strumenti come il pianoforte, l’arpa ed il contrabbasso, ma non si persero mai violini e strumenti a fiato si trascurarono invece le fisarmoniche e le vhiuelas che favorirono le chitarre mentre apparve anche se in modo occasionale il bandoneón.   Apparvero per un breve periodo anche carrettini musicali, che caricati con manovelle emettevano musiche sullo stile della habanera, ripetitive ed accattivanti.   Anche i mendicanti utilizzarono queste sonorità utilizzando proprio questi carrettini sonori, che spinti in ogni strada di Buenos Aires portarono questa allegra musica a conoscenza di un ampio pubblico. Ne fece testimonianza Ventura Linch, scrittore argentino e studioso di musica folcloristica di fine secolo XIX, che con una sua pubblicazione proprio del 1883 scrisse: “… questi carrettini riproducevano brani musicali con le tonalità della h a b a n e r a … ” La habanera venne utilizzata dai trobadores, che cantando madrigali, recitando versi e muovendosi in ogni strada di Buenos Aires fecero conoscere ed apprezzare l’allegra musica in cambio di pochi spiccioli.   I trobadores poeti improvvisatori furono gli avi dei moderni payadores, menestrelli autodidatti che cantano e recitano versi semplici mai banali o strofe amorose seguite da ritornelli satirici.   Come scrisse lo scrittore José Hernàndez nel suo poema “El gaucho Martin Fierro”, “… questi personaggi si divertono cantando!”.   Veniva suonata e cantata come accompagnamento in versi o in rime  che raccontavano fatti del giorno o notizie importanti davanti ai “peregundinas”, una sorta di bar tavola calda delle zone portuali e delle periferie di Buenos Aires.   Si esibivano con mimica e gesti accattivanti davanti ai carrettini di carni cotte e di mescita di bevande, per un pubblico svogliato ed a volte frettoloso.   Offrivano foglietti di oroscopi presso le bancarelle di ristoro con specialità gastronomiche delle campagne, chiedendo un’offerta in cambio di auguri sinceri di grande fortuna.   Anche i marinai rimasti sulla nave per concedersi un po’ di svago suonarono e ballarono motivetti con stile che ricordava la habanera.   Queste libertà erano sopportate più che permesse dai capitani delle navi, esisteva allora un vecchio proverbio, “el maule ausencia, baila el raton!“  (in assenza del gatto i topi ballano).   I marinai di turno o per consegna sulla nave, in mancanza del capitano suonavano e ballavano naturalmente da soli o fra di loro, dando spettacolo.    Utilizzando il ponte della nave come palcoscenico, dedicarono l’esibizione ai curiosi o alle genti del porto in cambio di un obolo per una bevuta.   La habanera veniva suonata da orchestrine tipiche e ballata nei “lupanares”, locali di bassa categoria quasi sempre malfamati, fumerie o vendite di alcolici, con annesse sale da gioco dove cameriere compiacenti e prostitute eseguivano spettacolini piccanti e spudorati.     

Con il trascorrere degli anni questa musica si sparse in ogni dove, in quanto   esprimeva carattere e vivacità.   Perfino le “peregundinas” trattorie di basso profilo, che servivano sia piatti caldi che cibi freddi confezionate per i viaggiatori, avevano la loro musica servita insieme alle vivande.   I clienti nelle aree portuali venivano sempre ben rimpinguati di bevande ed accompagnati da motivetti allegri suonati da musici normalmente di passaggio.   Questi musici solinghi o in coppia passavano tra i tavoli offrendo la habanera in cambio di una elemosina, allontanati dalle cameriere  normalmente molto giovani e di bella presenza, più intentate a prendere appuntamenti amorosi che le ordinazioni.   Suonata negli ambienti aristocratici, ma anche suonata nei club esclusivi da orchestrine di tutto rispetto, allietava i frequentatori appartenenti al ceto sociale patrizio ed agiato, composto in genere da commercianti, politici, possidenti, prelati e alti gradi dell’esercito e della magistratura.   La habanera entrò nel gusto di una gran quantità di popolazione agiata, tanto che alcuni moralisti e religiosi dell’Argentina di fine secolo XIX deliberarono in un comunicato ecclesiastico che: “il ballo che trae origini dal popolino di Cuba, fosse sicuramente una cosa sconcia, mentre la musica poteva dilettare lo spirito e rilassare il corpo”. La Habanera si ballò in tutta l'area della foce del Rio de la Plata, compreso Montevideo in Uruguay.

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