Capitolo 2- Tango come espressione sociale in Argentina

di Mădălina Goga

Capitolo 2
Danza come espressione di una società. La società argentina attraverso il tango

2.1. Le polemiche sull’origine del tango. La nascita della danza


Nel 2009, l’UNESCO iscrive il Tango nella lista del Patrimonio Intangibile dell’Umanità con il numero di caso 00258. Nella scheda ufficiale, il fenomeno del tango è descritto come segue:

According to the definition of The Convention, Art. Nr. 2, Tango represents Intangible Cultural Heritage as a symbol of human creativity under different human historical circumstances.
unesco_bannerIn general, Tango is a particular form of expression created by individuals and groups from different origins who lived together under precarious and unstable circumstances, far away from their original countries and roots (the immigrants), far away from their own nature [former gauchos], or descendants of slaves [representing the African
American people in the region].
In this forced community, their customs, beliefs, rituals, and objects merged and transformed not only their way of life, but the culture of both cities.
This resulted in cultural heritage involving countless representative works produced by the creative skills of these communities. This new cultural heritage was the result of this melting pot originated in the Rio de la Plata`s region.
Tango is an example of a cultural sedimentation’s process and it constitutes by itself, along its different stages, an exceptional example of social transformation across time.
Passed on from generation to generation, up to the mid-20th century Tango suffered a decrease in its creation and circulation. At that time younger generations – changed their tastes due to the influence of the international pop culture.
However, the most essential substratum of our urban culture remains and consequently, after a while, renewed forms of Tango appear.
As any long-lasting cultural phenomenon in complex societies, it has enriched itself with a wide variety of contributions. Therefore the need to stress the sense of identity that it proposes, respecting cultural diversity at its very core. Cultural diversity, in fact, belongs to its origin and is critical in its search for its essence and roots 39 .


Secondo la definizione della Convenzione, Art. N°2, il tango rappresenta il Patrimonio Culturale Intangibile attraverso il simbolo della creatività umana sotto distintecircostanze storiche. In genere, il tango è una forma di espressione particolare creata dagli individui e dai gruppi con diverse origini che hanno vissuto sotto circostanze  precarie e non stabili, lontani dai loro paesi e dalle radici (gli immigrati), via dalla loro natura (i gauchos), oppure discendenti di schiavi (che rappresentavano i popoli afro-americani della regione). In questa comunità forzata, i loro costumi, i credi, i rituali e gli oggetti hanno fuso e trasformato non solo il loro modo di vivere ma anche quello delle entrambe città (Buenos Aires e Montevideo). Nacque così un patrimonio culturale, coinvolgendo opere rappresentative infinite prodotte dalle abilità creative di queste comunità. Questa nuova eredità rappresenta il risultato di tutta la miscela originaria nella zona di Rio de la Plata. Il tango è un esempio di un processo culturale di sedimentazione e costituito per sé, attraverso il tempo, tramite i suoi distinti periodi; è una dimostrazione eccezionale di trasformazione sociale. Trasmesso da una generazione all’altra, fino alla metà del secolo XX, il tango ha sofferto un’involuzione creativa: i giovani hanno cambiato gusti e preferenze, essendo influenzati dalla cultura pop internazionale. Comunque, l’essenza della nostra cultura urbana rimane e quindi, dopo un breve periodo, rinascono forme riadattate del tango. Come in tutti i fenomeni che durano in una società complessa, il tango si è arricchito di una vasta varietà di contribuzioni. Per tutte queste ragioni è necessario evidenziare il senso dell’identità che il tango propone, ovvero quello di rispettare la diversità culturale. Questa fa parte delle origini ed è essenziale per la ricerca delle sue radici.


Detto questo, se seguiamo il discorso di Jean Baudrillard (Jean Baudrillard, Il sistema degli oggetti, trad. Severino Esposito, Bologna, Tascabili Bompiani, pp. 95-107) sul sistema degli oggetti, l’analisi dell’origine del tango potrebbe partire dall’accettazione di questo come oggetto marginale antico,in quanto il tango è diventato un segno di una vita precedente.maxresdefault
Dunque, se ammettiamo che il tango, nella sua intangibilità, è un oggetto antico significherebbe vederlo come un oggetto compiuto, quindi nato. Questo concetto invece è sempre associato alla nostalgia delle origini e all’ossessione per l’autenticità.
La nascita del tango discende dal ricordo ed è testimoniata racchiudendola nei limiti temporali, dove il tango ha una Madre e un Padre. Sempre secondo Jean Baudrillard, l’oggetto artigianale deriva dalla fascinazione irripetibile del momento della creazione
(Idem, p. 99). L’autenticità dell’oggetto appartiene sempre al Padre e a questa,  Alfredo Helman (A. Helman, op.cit., p.17) attribuisce la miscela di semi culturali e sociali di tutti gli immigrati, i gauchos o schiavi. Lo stesso autore associa la Maternità del tango alla stessa Buenos Aires perché fornisce tutte le condizioni per la sua nascita.

In altre parole, l’autenticità deriva sempre dal Padre e sempre in luitango risiede la fonte del suo valore.
Le teorie sulle origini del tango iniziano a svilupparsi attorno agli anni 1920. La più comune è quella che parte dall’affermazione appena descritta. Cioè che il tango nasce come espressione sociale ed artistica di una comunità, dove, sulla base culturale degli schiavi neri si aggiungono altri elementi individuali.
La parola tango compare più o meno, nel terzo decennio dell’Ottocento in Cuba ed è utilizzata per descrivere le danze dei negri: TANGO. N. s.m. Reunión de negros bozales para bailar al son de sus tambores a atabales.(
Trad.: Riunione dei neri immigrati dove si balla al ritmo del tamburo di forma semisferica. Esteban Pichardo, Diccionario Provincial de Voces Cubanas, Matanzas, Imprenta de la Real Marina, 1836, p. 242) In Santiago di Cuba si ballava la contradanza una danza francese eseguita con due file di donne e uomini vicine l’una maxresdefultall’altra. Essa si ballava anche tra gli schiavi, che la mescolavano con i loro ritmi locali. Nasce così una nuova forma musicale ballabile che viene denominata dai cronisti cubani tango o habanera (Jorge Novati (a cura di), Antologia del tango. Desde sus comienzos hasta 1920, Buenos Aires, Instituto Nacional de Musicología “Carlos Vega”, 1980).
La habanera (che significa bailar quebrado, cioè la coppia balla abbracciandosi,
85285037-8F16-438A-82F055A7BDEC22CBpiegando le ginocchia e muovendo le anche) è una danza cubana creola ed è rappresentata dalla contradanza un po’ modificata dai ritmi africani. Il ballo è composto da due parti, ognuna con un ritmo dei dos por cuatro in otto misure. Ogni passo segue una misura della danza come per esempio:
paseo (la camminata), la cadena (il movimento delle anche) o sostenido (il movimento continuo).
L’influenza della habanera sul tango si trova nel ritmo, the call of the blood
(Roberto Farris Thompson, Tango. The art history of love, New York, Vintage Books, 2006 p. 112). Si ballava soprattutto all’interno della classe operaia di Buenos Aires ed era una danza improvvisata tra i neri e i loro amici (Il chitarrista Luciano Rios, all’inizio del XX° secolo trasforma la habanera in tango) .
Tra Cuba e la Spagna il commercio avveniva via mare e i marinai assimilavano e trasportavano la cultura e la musica. Arrivato in Andalusia, il tango si fonde con il folclore locale dando nascita al tango andaluz
(Roberto Selles, El origen del Tango, Buenos Aires, Academia porteña del Lunfardo, 1998, p.23). Qui inizia ad ascoltarsi nei teatri, dove nella sua rappresentazione viene introdotto il pianoforte, perdendosi poco a poco l’uso della chitarra.hand
Attorno agli anni ‘50 dell’Ottocento, sempre attraverso le rotte commerciali marittime, il tango andaluz arriva a Buenos Aires. Tornato nuovamente nelle terre americane, il tango appare diverso rispetto a quello di prima, sia dal punto di vista della denominazione, sia dal punto di vista del ritmo. Inizia così la fusione finale che porterà alla nascita del tango argentino. Sulle rive del Rio de la Plata giungono due forme di tango: quello cubano e quello andaluz. Nei sobborghi abitati dagli immigrati, neri o soldati, arriva un terzo tipo di musica: la milonga criolla (Al. Helman, op.cit., p. 21). Nel Settecento, i neri utilizzavano la milonga come una specie di dialogo contro l’autorità della regina Nzinga, quasi come una forma di ribellione verbale (R. F. Thompson, op.cit., p.112). Arrivata in Argentina, la milonga si trasforma in payadas (era una specie di competizione tra i chitarristi a livello di improvvisazione del testo della canzone. Si cominciava con le note musicali alte per finire con quelle basse) dei gauchos. Nasce così la canzone campesina, un po’ triste e nostalgica accompagnata dal suono della chitarra. Attorno agli anni 1870, la milonga inizia ad essere ballataGenealogia-min come forma di dileggio dei balli africani. Ai tempi, la milonga rifletteva la vita nei sobborghi, una miscellanea tra la campagna e la città, dove ogni quartiere di Buenos Aires aveva un chitarrista, un payador, che lo rappresenta.
Da questo punto in poi, la milonga si ballerà in concomitanza con il tango criollo o il tango cayengue, che rappresenteranno le prime fasi del tango danza. I balli sono leggermente diversi, la milonga si svilupperà maggiormente nell’ambito gauchesco. Mentre il tango cayengue viene praticato all’inizio, esclusivamente fra le comunità afro-argentine.
Ecco la miscela che assume la Paternità del tango: il tango nero cubano – la contradanza (la dimensione ancestrale del ballo attraverso il ritmo), il tango andaluz (distinti passi) e la milonga criolla (il messaggio del ballo).
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Il tango nasce nel contesto sociale del primo Centenario con le ondate migratorie, quando inevitabilmente nei sobborghi della città fiorisce la malavita. Si registra un grande incremento della prostituzione, rete che era sostenuta, in gran parte, dagli immigrati. Con l’avvio della prostituzione compaiono anche i postriboli. Gli immigrati, incapaci di trovare lavoro nelle campagne, venivano a vivere nella grande città per sfruttare gli affetti familiari di sesso femminile. A quell’epoca, il postribolo bonaerense, al di là della sua funzione tradizionale, aveva anche il ruolo di luogo di aggregazione sociale. Qui si ballava, si beveva si giocava a carte. Qui, l’immigrato, respinto dalla società argentina, si sentiva integrato. Nei postriboli, i primi ritmi musicali diedero origini al tango criollo (Denominazione che si dà al tango argentino all’inizio per distinguerlo dal tango americano), dove i protagonisti musicali erano un flauto, un violino, un’arpa e infine la chitarra.

(Nella foto la copertina di El ChocloEl Choclo, un brano di tango criollo)

Purtroppo, l’ondata migratoria fece in modo che la percentuale della criminalità aumentasse. Per combattere questo fenomeno, il governo vieta tutte le manifestazioni culturali degli immigrati e gli incontri di più di due persone dopo il tramonto.
Manuel M. Oliver invia alla rivista Caras y Caretas (
Escenas callejeras. El organito, in «Caras y Caretas», anno I, n° 9, 3 dicembre 1898) una piccola storia che racconta questo fatto. La storia inizia con la presentazione dei personaggi: Giacomo e Pietro, che un po’ dopo le otto di sera, hanno preso el organito (Uno strumento musicale meccanico portabile con una manovella che, una volta che veniva girata, produceva le note musicali) e sono usciti del conventillo per suonare sulla strada.
Arrivati in un posto di loro gradimento, alla richiesta del “pubblico”, danno inizio alla festa con il tango. Dopo poco tempo però, appare la polizia e li avvisa ironicamente che è vietato far feste in strada. Pietro risponde prontamente: «Non podiamo far la musica?». La risposta del poliziotto arriva subito: «Mira italiano, andate con la musica a otra parte, porque te voi a encajar a la comisaria» (
Trad.: Guarda italiano, vai con la tua musica dall’altra parte, perché se no, ti porterò al commissariato) I ragazzi vanno via, però Giacomo, per guadagnare ancora un paio di pesitos, finisce sotto una finestra a suonare fino alle undici di sera.
La danza del tango, una specie di manifesto tacito dei rimpianti
(Daniel Vidart, Teoria del Tango, Montevideo, Ediciones de la Banda Oriental, 1964, p.21), era ai suoi inizi, un’espressione sociale esclusiva dei gruppi marginali della grande città. Il tango è l’espressione coreografica dei momenti tristi di quelli che si abbracciano con lo scopo di dimenticare l’oscurità delle loro vite. Nasce come ballo improvvisato, dove, è importante il ritmo della musica e non il testo.
Il giornale El Nacional, nella sua edizione del 5 gennaio 1863, scrive: (I neri) «…ballano
20100818-el-nacional-censuradoe cantano con i loro candombes, suonano la marimba e il tambor ed escono sulle strade vestiti in re (…) Si stanno dimenticando il fatto che ai bianchi non piace il tango». Questi neri erano organizzati in gruppi ed ogni gruppo aveva il proprio regolamento per quanto riguardava il coordinamento dei balli per il Carnevale o per le feste pubbliche.
Il Viejo Tanguero, un cronista che scrive per il giornale La Crítica
(La Crítica, 22 settembre 1913), menziona che nel 1887 le società candomberos (femmine e maschi assieme) festeggiano l’arrivo del Carnevale ballando i loro ritmi sulle strade del quartiere Mondongo. La frequenza di questo evento fece sì che los candombes fossero vietati. Giusto per questa ragione, il tango comincia ad essere ballato in distinti luoghi della città.bg2010-05-30-buenos-aires0092

La popolazione bianca disprezzava le comunità dei neri e questi, come meccanismo difensivo, iniziarono a ritirarsi dalla vita pubblica. La derisione dei blancos verso i neri era presente a livello di cultura e costumi africani. Ebbe così inizio un processo di spostamento dei neri all’interno della città. Si trasferirono dai quartieri di La Boca, San Telmo o San Cristobal verso il centro di Buenos Aires.

 

Fonte: http://www.academia.edu

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