1.5. Argentina in bancarotta. Esportazione della cultura argentina
1.5. L’Argentina in bancarotta. Cultura argentina per l’esportazione
Nei prossimi dieci anni, l’Argentina conosce una delle crisi economiche più profonde della sua storia recente. L’indice d’inflazione era altissimo, aumentarono le proteste contro l’inabilità dello stato. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale propongono un piano di austerità e ristrutturazione capitalistica, cioè di ridurre le spese alle necessità urgenti del Paese e di eliminare l’intervento dello stato nell’economia. Così, il governo mette in pratica un piano che implica l’apertura dell’economia nazionale verso il mercato internazionale.
Il massiccio processo di privatizzazione delle compagnie dello stato inizia proprio a seconda di questo piano. Si privatizzarono le compagnie aeree, telefoniche, le televisioni, le ferrovie e principali parti dell’industria dell’olio. Però siccome tutto è stato fatto in fretta, il miglioramento è stato breve e superficiale. Nel 1989 (dopo Alfonsin, il presidente della Repubblica sarà Carlos Menem) la seconda ondata d’inflazione esplode ed è ancora più alta della prima. L’Argentina, divorata da un’iperinflazione, era arrivata al 5000% (J. Irimia, op.cit., p.66). Trovatosi in questa situazione, il Governo si vede costretto a prendere delle misure drastiche: ai cittadini si confiscano, nel nome del bene dello stato, i risparmi.
Nel 1991, il ministro dell’economia, Domingo Cavallo promuove la Legge della Conversione tra il peso (la moneta argentina) e il dollaro. La legge alla fine, ha abbastanza successo perché porta a registrare, nel 1994, la più bassa quota di povertà del secolo. L’importazione diventa più economica rispetto alla produzione nazionale. La privatizzazione di quasi 200 imprese durante il mandato di Menem produce molti benefici nell’economia del paese. Per un paio di anni l’Argentina è stata lo stato latinoamericano con i guadagni più alti per membro di famiglia. Però come sempre succede nel destino di questo paese, il resto del decennio è caratterizzato dallo scetticismo e dall’incertezza economica. Quando nel 1999, De la Rua rientra nella Casa Rosada (la sede del Governo) come presidente, era ben chiaro che la Legge della Conversione inizia ad essere nociva. Si fa ricorso ad un metodo vecchio e primitivo: il troco. Questo si realizzava negli spazi specialmente arredati, dove la popolazione (di solito la classe media)
Nella foto:" Buenos Aires El ex presidente Fernando de la Rúa fu processato per cinque omicidi colposo e oltre centocinquanta feriti negli episodi registrati nel dicembre 2001 durante la giornata che culminò con le sue dimissioni. " Foto: Archivo "
entrava in una rete di scambio valida per tutti gli ambiti.
Sul piano sociale, l’Argentina degli anni novanta adotta quindi, un’ideologia del nuovo consumo, nel contesto di una crisi continua d’identità e della cultura.
La successione dei presidenti negli anni ‘90 porta la nazione nelle circostanze sempre più critiche. Nella crisi del periodo, nelle città compaiono i cartoneros, cioè persone con una situazione economica così precaria che, per necessità, si trovavano a frugare nell’immondizia per vendere ciò che vi trovarono. L’Argentina si impoverisce, la quota di alfabetizzazione cresce, i bambini sono costretti a lavorare da piccoli per aiutare a mantenere la famiglia. Si crea una cornice desolante.
L’apice della crisi si verifica nel dicembre del 2001 ed è dovuto al ritiro dei capitali dalle banche argentine da parte delle aziende internazionali. L’Argentina entra in un collasso economico.
Allora il presidente Fernando de la Rùa rende pubblico un nuovo piano economico che impone al cittadino di prelevare un massimo di 250 pesos a settimana. Di conseguenza, tutti i conti correnti, di credito e di debito sono stati bloccati per un periodo di 90 giorni. Il cosiddetto, el cacerolazo, la pentola (La protesta ha preso questo nome perché quando si colpiscono due o più pentole fanno un rumore che non può essere ignorato), la madre dei protesti argentini è, appunto, il denominativo per il fenomeno di profonda isteria successo in quel periodo. Justina Eremia (J. Irimia, op.cit., p. 105) lo descrive: «…el
Enterate en qué puntos de la ciudad se concentrará el cacerolazo contra el tarifazo
cacerolazo invită, scutură letargii, alungă amorțeli meditative. El cacerolazo aduce vigoare, cu sunetul său obsesiv, ostinant ș i nemilos. În acela ș i timp, el coboară în stradă vocea puternică a oamenilor neauzi ț i ș i nevăzu ț i, evocând existen ț a în fibra sa materială – hrana ș i grija legata de ea. Iar dincolo de imaginea astfel creată a hranei, vibra ț ia acestui protest este scandalul cuceritor al italienilor nervosi»( Trad.: El cacerolazo invita, scatena le persone dal loro letargo, allontana i torpori meditativi. El cacerolazo, porta il vigore con il suo suono ossessivo, ostinato e spietato. Allo stesso tempo, lui fa risuonare per le strade la voce della gente che non si sente e non si vede, evocando l’esistenza nella sua fibra materiale- i viveri e le angosce associate ad essi. E al di là dell’immagine così creata sui viveri, il fruscio di questa protesta è dato dal chiasso affascinante degli italiani arrabbiati.)
Passata la sofferenza della crisi del 2001, il ritorno economico fu improvviso come il collasso e molti l’hanno associato con il mandato di Nestor Kirchner. Ebbe così inizio l’era de Los K. Nel 2007 la moglie di Nestor vince le elezioni, diventando la seconda donna scelta attraverso i mezzi democratici come capo del paese. Lei si è separata rapidamente dall’immagine del marito però, dato che Nestor compariva ancora nella vita politica come deputato, il popolo li vedeva come una coppia disastrosa per le misure sociali prese.
Cristina, cosciente del fatto che era vista come Evita, dunque come la protettrice dei poveri, nella sua propaganda ha sempre puntato in questa direzione. Dopo le elezioni del 2009, quando il suo partito ha ottenuto uno scarso risultato, l’Argentina si aspettava a un nuovo disastro nazionale.
Però ciò non accade. Dopo la scomparsa inaspettata di Nestor nel 2010, l’immagine della coppia presidenziale cambia radicalmente. Dal personaggio più odiato, Nestor diventa l’uomo più venerato; era visto come il padre della patria, un secondo Peron. Pareva che gli argentini avevano dimenticato che le misure adottate nel sistema antiliberale avevano portato l’Argentina ad una già accennata catastrofe economica. Un murale in Buenos Aires dice: «Siamo stanchi delle realità. Vogliamo promesse». Grazie alle promesse e alla popolarità guadagnata dalla morte tragica di suo marito, nel 2011 Cristina vince di nuovo le elezioni. Il sociologo Luis Donatello è di parere che gli argentini abbiano sviluppato uno stretto legame con lo Stato e che esso avvii l’autenticità e l’empatia di fronte al dolore (J. Irimia, op.cit., p. 118) . Cristina dava cioè al popolo quello che il popolo chiedeva.
Il fenomeno di cultura argentina per l’esportazione compare durante il mandato di Menem che durante la sua quinta visita ufficiale a Parigi inizia a vendere l’Argentina come il paese del tango.
Il tango comincia ad essere esportato come la soia (la soia era il prodotto che si esportava di più sui mercati internazionali). Anche oggi l’immagine dell’Argentina è strettamente connessa al tango.
Oggi Buenos Aires è una città piena di contrasti. Nei quartieri come La Boca o San Telmo si trova la società tradizionale aderente ai principi del “periodo di gloria”, dove i caffè, i bar con i giornali e i balli prendono vita in un contesto boemo. Poi ci sono le zone come Puerto Madero o Palermo, dove si sente l’impronta europea. Ci sono dei negozi, dei parchi a la parisiénne. Questi due estremi sono visibili ad occhio nudo. L’identità nazionale argentina racchiude oggi entrambi aspetti. L’Argentina è speciale per il fatto di essere riuscita finalmente a integrare una cultura straniera nelle proprie radici. Il gaucho e l’immigrato sono l’Argentina.
Fonte: http://www.academia.edu