JORGE LUIS BORGES – Il tango – 15 Luglio 2016 – per Nizza

Jorge_Luis_Borges

"Gli innocenti pagano per le colpe della lucida follia omicida ma anche dell'insipienza di chi erige muri e steccati anzichè costruire ponti di civile e rispettosa convivenza fra gli uomini." Sergio Puddu

Dove saranno? Chiede l'elegia

di quelli che oramai non sono più,

come esistesse un luogo dove l'Ieri

possa esser l'Oggi, l'esser Ancora, il Sempre.

Dove sarà (ripeto) la teppaglia

che in polverosi vicoli sterrati

o in perduti villaggi istituì

la setta del coltello e del coraggio?

Dove saranno quelli che passarono

lasciando all'epopea un episodio,

una favola al tempo, e si affrontarono

al coltello, senz'odio o ardore o lucro?

Nella leggenda li cerco, nell'ultima

brace che serba, come vaga rosa,

qualcosa dell'intrepida canaglia

che stava a Balvanera o ai Corrales.

Quale deserto, quali oscuri vicoli

dell'altro mondo abiterà la dura

ombra di chi era già un'ombra oscura,

di Muraña, coltello di Palermo?

E quel fatale Iberra (i santi ne abbiano

pietà) che su di un ponte uccise il Ñato,

suo fratello, che morti ne doveva

più di lui, e così furono pari?

Una mitologia di pugnali

lentamente si annulla nell'oblio;

una canzon di gesta è andata persa

in sordide notizie poliziesche.

C'è un'altra brace, un'altra ardente rosa

di quella cenere che li conserva;

lì sta la gente altera del coltello,

lì il peso della daga silenziosa.

Benché la daga ostile o l'altra daga,

il tempo, li dissolsero nel fango,

oggi, al di là del tempo e dell'infausta

morte, quei morti vivono nel tango.

Vivono nelle corde e nella musica

della tenace chitarra operosa

che concerta in milonghe fortunate

la festa e l'innocenza del coraggio.

Gira la gialla ruota della giostra

di cavalli e leoni e mi raggiunge

l'eco dei tanghi di Greco e di Arolas

che vidi un tempo danzare per strada,

in un istante che affiora isolato,

senza prima né poi, contro l'oblio,

e ha il sapore di quel che abbiamo perso,

che abbiamo perso e a un tratto ritrovato.

Vi sono cose antiche in quegli accordi,

la pergola intravista, l'altro patio.

(Dietro, i suoi muri sospettosi il sud

ha in serbo una chitarra e un pugnale).

Quest'incantesimo, questa ventata,

il tango, sfida gli anni affaccendati;

di polvere e di tempo, l'uomo dura

meno della leggera melodia,

che è solo tempo. Il tango crea un torbido

passato ch'è irreale e in parte vero,

un assurdo ricordo d'esser morto

in duello, a un cantone del sobborgo



 

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