Las letras de La Cumparsita – La storia dei testi de La Cumparsita

LA CUMPARSITA (cantata) – C.Gardel (1900-1927-1935)

Leggi qui la Traduzione in italiano

 

RICARDO OSTUNI
De la Academia Nacional del Tango
                      

Traduzione:

Guglielmina Gorini                             

 

 

Non sono pochi gli interrogativi e i dubbi che ancora rimangono sulla storia del più celebre dei tanghi. Ci sono pareri diversi circa la data della sua origine. Identica polemica suscita la partecipazione di Roberto Firpo sia per quanto riguarda l'esordio di questo tango, che per l'aggiunta di alcuni passi di sua attribuzione. Lo stesso vale per la notazione musicale del tango nel pentagramma, merito che alcuni di buona memoria attribuiscono al pianista Carlos Warren, e che altri invece collegano all'autore di "Vivíane".

Rosario lnfantozzi Durán mette in bocca di suo zio Matos Rodríguez queste parole: «Credo che non potrei mai fare un altro tango così… » Successivamente compose altri tanghi e altre musiche, alcuni forse anche migliori del primo tango. Però la CUMPARSITA racchiude un mondo di illusioni e di tristezza, di sogni e di nostalgie che si vivono solo a vent'anni. È stato un momento magico e magico fu il suo destino. Quanti misteri intorno a quel tango, e quanti litigi! Fiumi di inchiostro e chilometri di carta sono stati usati per esaltarlo o per per distruggerlo.» (dal libro "Io, Matos Rodríguez, quello della Cumparsita" – di Rosario lnfantozzi Durán).

Non meno tormentata è la storia del suo testo. Fino al 1924 LA CUMPARSITA fu un tango strumentale "completamente dimenticato", secondo il parere di Marambio Catán. Proprio per il fatto che mancava del testo, questo tango non veniva eseguito dalle orchestre che accompagnavano quello che allora veniva chiamato tango-canción,di gran voga in quel periodo. Matos Rodríguez, nel frattempo, aveva venduto i diritti d'autore a Breyer Hnos, rappresentante della Casa Ricordi in Argentina.

Il 6 giugno 1924 la compagnia di Leopoldo Simari mise in scena, nel vecchio teatro Apollo, un'operetta di Pascual Contursi e Enrique Maroni, intitolata "Un Programma di cabaret". In quegli anni non c'erano opere teatrali a carattere popolare che non includessero l'esordio di uno o due tanghi per garantirsi il successo da parte del pubblico in sala. Nel secondo atto di quest'opera il cantante Juan Ferrari cantò per la prima volta i versi composti da ambedue gli autori sulla musica della CUMPARSITA: "Si supieras / que aún dentro de mi alma…" (= se sapessi che ancora nella mia anima…). L'opera rimase in scena solo per poco tempo perchè nè questo nuovo tango, nè la triste satira del tango "La mina del Ford" (cantata dall'attrice Luisa Morotti) riuscirono a salvare la mediocrità dell'opera. Ciò nonostante questo nuovo tango ebbe un esito insperato. Gardel cominciò a cantarlo in quello stesso anno e lo incise per la casa discografica Odeón accompagnato dalle chitarre di Ricardo e Barbieri. Da quel momento furono riscoperti i valori musicali di quel tango e, come ha detto Víctor Soliño, «La Cumparsita cominciò a salire quei pochi gradini che gli mancavano per arrivare all'apice della gloria».

Il resto della storia è nota. Matos Rodríguez seppe a Parigi, per bocca di Francisco Canaro, di queste novità sul suo tango. Ricorse all'aiuto del Dr. Calatayud, un giovane avvocato uruguaiano, che portò avanti un'azione legale per annullare la vendita dei diritti a Breyer Hnos e per proibire che si suonasse la CUMPARSITA con testi o versi che non fossero quelli che lo stesso Matos Rodríguez aveva firmato come di sua paternità: "La cumparsa /de miserias sin fin desfila…". Questo nuovo testo, depositato nella Biblioteca Nazionale il 9 novembre 1926, fu inciso su disco dal cantante Roberto Díaz con l'orchestra "Los Provincianos".

Morto Pascual Contursi il 16 marzo 1932, la sua vedova, Hilda Briano e Enrique Maroni iniziarono una causa legale ai danni di Matos Rodríguez affinchè venissero loro riconosciuti i diritti di coautori dell'opera in questione. Fu una causa lunghissima che si risolse quando morì anche Matos Rodríguez. Il 10 settembre del 1948 Francisco Canaro emise il suo lodo arbitrale al quale finalmente dovettero sottomettersi le parti in causa, risolvendo le questioni concernenti le percentuali dei diritti d'esecuzione, quelle sui diritti di fotografia e di inserimento cinematografico. Inoltre si stabilì che nelle future edizioni della CUMPARSITA si sarebbero dovuti annotare e registrare i due corrispondenti testi sopra indicati, con esclusione di quelli di qualunque altro autore.

Quest'ultimo provvedimento ci spinge a chiederci: "Esistono per caso altri testi composti per questo tango?"

La risposta è affermativa. Esistono almeno altri due testi, forse anche un terzo, presumibilmente scritti con l'intento di essere poi affibbiati alla musica di Becho. Il più vecchio di questi testi appartiene a Alejandro del Campo, un appartenente alla Federación de Estudiantes del Uruguay (Federazione degli studenti uruguaiani), federazione a cui era iscritto Matos Rodríguez nel periodo in cui compose il suddetto tango. Fu pubblicato per "El alma que Canta" (l'anima che canta) nel 1926 e si sospetta che sia stato il primo testo scritto per la CUMPARSITA per incarico dell'autore, prima del ritardo di Víctor Soliño (a cui era stato dato originariamente l'incarico).

Anche la rivista "El Alma que Canta", il 19 novembre 1957, pubblicò una nota di Antonio Cantó intitolata "La historia del tango", in cui vengono trascritti alcuni appunti di Nicolás Olivari sulla CUMPARSITA. Olivari infatti pone l'attenzione sul "primo testo" che fu scritto per questo tango, opera del poeta e uomo di teatro Augusto, Mario Delfino.

Nè l'uno nè l'altro testo ebbero successo, nè furono cantati o incisi in un disco da un qualunque interprete. Ambedue i testi fanno riferimento ad una mascherata di carnevale con versi che evocano il periodo della giovinezza. In realtà tutti i testi conosciuti passano attraverso inutili luoghi comuni, estranei alla qualità che il tango in questione aveva meritato.

Il quinto testo della CUMPARSITA è scritto in lingua inglese; il componimento è opera di Olga Paul, e fu pubblicato (secondo Roberto Selles) nel 1937 per la casa editrice Edward B. Marks Music Corporation di New York con il titolo di "The masked one" (La Mascherata). Selles afferma che nella partitura figura anche il titolo originale di Matos Rodríguez. Il testo ripete in modo sospettoso lo stesso argomento del tango "Siga el corso", di Anselmo Aieta y García Jiménez.

Comunque sia, la costante comune, almeno fino agli anni '40, è quella che i testi annessi ai tanghi erano, come qualità, molto inferiori rispetto alla qualità della musica. Gli esempi di questa affermazione abbondano in modo molto marcato, e non ci si può esimere dal segnalare questo aspetto. Naturalmente sono esclusi da questo giudizio Celedonio Esteban Flores, Enrique Cadícamo, Francisco García Jiménez, Enrique Santos Discépolo e pochi altri, che dalle loro prime composizioni, furono sempre molto attenti alla qualità dei loro versi. Nel caso della CUMPARSITA, possiamo affermare che, per fortuna, questo tango ha resisistito ed è perdurato (nella sua bellezza) nonostante i testi che gli sono stati abbinati.

 

Letra de Pascual Contursi
y Enrique P. Maroni

I

Si supieras
que aún dentro de mi alma
conservo aquel cariño que tuve para ti.
Quién sabe si supieras
que nunca te he olvidado
volviendo a tu pasado
te acordarás de mí.

II

Los amigos ya no vienen
ni siquiera a visitarme
nadie quiere consolarme
en mi aflicción.

Desde el día que te fuiste
siento angustias en mi pecho
decí percanta ¿qué has hecho
de mi pobre corazón?

III

Al cotorro abandonado
ya ni el sol de la mañana
asoma por la ventana
como cuando estabas vos.
Y aquel perrito compañero
que por tu ausencia no comía
al verme solo, el otro día, también me dejó

I bis

Sin embargo
te llevo en el recuerdo
con el cariño santo
que tuve para amar.
Y sos en todas partes
pedazo de mi vida
una ilusión querida
que no podré olvidar.

 

Letra de Gerardo H. Matos Rodríguez

I

La cumparsa
de miserias sin fin desfila
en torno de aquel ser enfermo
que pronto ha de morir de pena,
por eso es que en su lecho
solloza acongojado
recordando el pasado
que lo hace padecer.

II

Abandonó a su viejita
que quedó desamparada
y loco de pasión, ciego de amor
corrió tras de su amada
que era linda, era hechicera
de lujuria era una flor
que burló su querer
hasta que se cansó
y por otro lo dejó.

I bis

Largo tiempo
después cayó al hogar materno
para poder curar su enfermo
y herido corazón y supo
que su viejita santa
la que él había dejado,
el invierno pasado
de frío se murió.

III

Hoy ya solo abandonado
a lo triste de su suerte
ansioso espera la muerte
que bien pronto ha de llegar.
Y entre la triste frialdad
que lenta invade el corazón
sintió la cruda sensación
de su maldad.

I (PARA FIN)

Entre sombras
se le oye respirar sufriente
al que antes de morir sonríe
porque una dulce paz le llega
sintió que desde el cielo
la madrecita buena
mitigando sus penas
sus culpas perdonó.

 

Letra de Alejandro del Campo

I

Allá viene
alegre y muy bullanguera
la cumparsita callejera
alborotando el barrio va,
los chicos de las casas salen
sonríen las viejitas
ahí va la cumparsita
besando el arrabal.

II

Soñando están las pebetas
al pasar la cumparsita
ser también la vocesita
de un estudiante locuaz.
Los muchachos se divierten
con chistes y pantomimas
y las chicas, al ver
la cumparsita ir,
ven su amor alejar.

III

Juventud dicharachera
que no conocés el llanto
ni tampoco los quebrantos
que la vida les dará,
muchachos rían, rían mucho
y no se cansen que algún día
cuando ya viejos
y peinando muchas canas
verán lejana, pero muy lejana
la vida de facultad.

I bis

Muchachada
locuaz, festiva y patotera
que recibís la primavera
como si fuera una beldad,
amigos de la farra, gozan
y van paseando su humorismo
con todo el policromismo
que brinda el carnaval.

 

Letra de Augusto Mario Delfino (fragmento)

Cumparsita
emoción de la infancia
cuando
los días eran lindos
siempre
aunque estuviera gris
el cielo.
Cumparsita, alumbrada
de gritos y cantos
formada por muchachos
que hoy casi viejos son.

Estremecías la calle
con tu paso candombero
poniendo en tu visión
honda y cordial
algo de duelo.
Era el tiempo que se iba
lo que nadie atajará
el minuto fugaz la triste sensación
de lo que nunca volverá.


Quién pudiera
volver al sol
de aquellos días;
vestir de nuevo la sonrisa
sin sombras de melancolía;
tener las ilusiones
alentar la esperanza
vivir las mismas horas
con su bien y su mal.

 

Letra de Olga Paul
(traducción de
Roberto Selles)


Me atormenta
la máscara fatal
que hoy llevas
mas es solo un disfraz
a medias
pues tu adorada faz
tras ella
reconocí al mirarte y así
te ruego que consueles mi mal
¿por qué torturas mi corazón
con tu cruel antifaz?

II

Si tu rostro descubrieras
al ver el fuego de tus ojos
tus labios de rubí
y junto a mí
tu faz, seré dichoso.
Ven conmigo que en el prado
oirás la voz del corazón
bajo este cielo azul
decir que siempre fiel
por tí será mi pasión.

I bis

Yo te canto
mientras desfila la
comparsa
deja que mi canción
persuada
tu ingrato corazón que escapa
a mis urgentes ruegos de amor
el ansia de abrazarte y sentir
lo que también tú sientes al ser
por siempre para mí.

III

Bajo la luz de la luna
nuestro ayer feliz evoco
cuando extasiados y locos
íbamos por el jardín,
pero te ocultas hoy de mí
y yo suplico que en tu faz
no luzcas más el antifaz
¡dime que sí!

 

 

 

Artículo publicado en la Revista CLUB DE TANGO Nro.43    Julio-Agosto  2000

Fonte: www.clubdetango.com.a

One thought on “Las letras de La Cumparsita – La storia dei testi de La Cumparsita

  1. agos71no

    Ottimo ed esaustivo articolo su tango più famoso.

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