Le tre scuole stilistiche del Tango

Vi siete mai chiesti il motivo per cui alcune orchestre sono "simili" tra loro? Viceversa, perché si balla su Di Sarli in un certo modo e su D'Arienzo in un altro? Sicuramente sarà capitato a tutti di percepire emozioni diverse tra le proposte che un buon musicalizador offre durante una serata in milonga. Come è possibile che le corde del nostro incoscio vengano toccate in modo distinto in base al brano ascoltato?

Per rispondere a queste domande può essere utile conoscere alcuni elementi stilistici che sono alla base delle principali orchestre di tango. Quando si parla di "stile" o di "scuola", generalmente si intende un insieme di accorgimenti orchestrali che caratterizzano le composizioni di un autore, che vengono poi ereditati e sviluppati dai suoi allievi. Vediamo, in sintesi, le principali "scuole stilistiche" presenti nel tango, apparse negli anni '20 e sviluppate nelle decadi seguenti.

Gli storici ed i critici musicali riconoscono 3 linee principali di sviluppo del tango: la scuola decareana (da Julio De Caro), quella fresedeana (da Osvaldo Fresedo e Roberto Firpo) e lo stile di Juan Maglio "Pacho" (rappresentato da Francisco Canaro e Francisco Lomuto).

Julio De Caro fu una figura essenziale nell’evoluzione del tango, facendolo uscire dalla dimensione primitiva ed improvvisata degli albori e codificando il ruolo di ciascun strumento nell’orchestrazione. Fu De Caro a definire la composizione dell'Orquesta Típica. Assoli melodici di bandoneónes e di violini, variazioni di corda sopra una base condotta dal pianoforte o dal contrabbasso furono acuni espedienti maggiormente utilizzati. Molte volte il piano agiva da solista coniugando ritmo e melodia, altre, il violino che De Caro stesso suonava sviluppava fraseggi armonici contrapposti allo sviluppo degli altri strumenti. In questo modo, il tango guadagnò raffinatezza e tecnica, estendendo il proprio orizzonte stilistico oltremisura. Un esempio è offerto da Tierra querida del 1927.


Osvaldo Fresedo, di poco antecedente a Julio De Caro, introdusse nel tango il "marcato in 4" in modo sistematico; a tal proposito la Típica Select, della quale Fresedo fu bandoneonista, fu una delle formazioni che per prima utilizzò questo modello di marcazione musicale, svincolandosi dalla forma della Habanera dei conjuntos più vecchi. In ogni caso, Osvaldo Fresedo si contraddistinse sempre per uno stile delicato e brillante, il quale fece indossare al tango uno smoking al posto degli stivali da gaucho. Il maestro adottò una serie di articolazioni melodiche ed accorgimenti tecnici; ad esempio, utilizzò molto il legato, gli assoli di pianoforte sviluppati su otto battute, il controcanto dei violini ed i fraseggi di bandoneón (soprattutto con la mano sinistra). Il risultato furono una serie di brani di successo caratterizzati da equilibrio musicale, raffinatezza, buon gusto, signorilità ed una giusta dose di fine inquietudine. Ascoltiamo uno dei suoi capolavori, Vida mía del 1933.


Francisco Canaro fu, invece, il massimo rappresentante della proposta stilistica di Juan Maglio "Pacho" e Vicente Greco. Più di Lomuto partecipò nello sviluppo del tango come lo conosciamo noi oggi. Francisco Canaro fu innovatore di due importanti aspetti musicali: introdusse il contrabbasso (Leopoldo Thompson fu il pioniere) e nel 1924 concepì l’idea di inserire il cantante come ulteriore elemento orchestrale, anche se impegnato solo nel ritornello; Roberto Diaz fu il primo “estribillista” cantando Así es elmundo, poi inciso nel 1926. In realtà la presenza del canto nei brani di tango era iniziata qualche anno prima, grazie a figure leggendarie quali Carlos Gardel (1917, Mi noche triste), però in questo caso, si parla di Tango Cancíon, ossia uno stile musicale drammatico dove la voce è elemento dominante che perdura lungo l’intera esecuzione del brano. Francisco Canaro fu anche coinvolto nel processo di maturazione del tango, introducendo alcune interessanti variazioni rispetto alla struttura di base. Normalmente, un brano di tango è composto da 5 parti distinte: Verso (A1) Coro (B1) Verso (A2) Coro (B2) Verso (A3); questa struttura non caratterizza la totalità dei tanghi composti, piuttosto fornisce una base di riferimento alla quale molti pezzi si attengono. L’effetto risultante è una alternanza energica di momenti ritmici (i Cori B1 e B2) a momenti melodici (i Versi) pur mantenendo lo stesso tempo di esecuzione. Ascoltiamo Poema del 1935 come esempio.


Naturalmente non è possibile trattare in modo esaustivo un argomento così vasto, come quello degli stili del tango, in un singolo articolo. Migliaia di pagine ed indagini sono state scritte negli anni; autorevoli musicologi e studiosi hanno analizzato con estrema attenzione tutte le orchestre, tracciandone dei quadri altamente dettagliati. Il mio scopo è quello di accendere un piccolo riflettore su questa tematica, sperando di risvegliare la curiosità dei lettori nel voler approfondire la conoscenza sulla cultura musicale rioplatense.

In ultima analisi, riporto un link ad un diagramma di sintesi che mostra le relazioni stilistiche tra le principali formazioni, dagli anni '20 alle avanguardie.

Cuadro relacionador de estilos orquestales:

http://elearning.intercultural.com.ar/pluginfile.php/16079/mod_resource/content/1/Relacionador%20de%20estilos%20orquestales.jpg

Fonti consultate

  1. Universidad de Congreso – Estilos Orquestales de Tango
  2. La Milonga di Alvin – Francisco Canaro, lo stile
  3. Luis Adolfo Sierra (1985). Historia de la Orquesta Típica – Evolución Instrumental del TangoEd. Corregidor
  4. Nicolás Sosa Baccarelli – Julio De Caro: el hombre que reinventó el Tango
  5. La Milonga di Alvin – Osvaldo Fresedo, lo stile

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