L’Ultimo Tango a Parigi e Giorgio Polacco

Ricordi / 1-  Giorgio Polacco: amava il teatro, gli doleva la vita

  Incontrai Giorgio Polacco negli anni Sessanta a Firenze, alla “Rassegna internazionale dei Teatri Stabili”, che ideò e diresse e che tra gli anni Sessanta e Settanta fece conoscere in Italia un grande numero di registi, attori e compagnie di livello mondiale. Aveva esordito giovanissimo vincendo un premio indetto dallo Stabile di Trieste, sua città natale, e cominciando a scrivere di teatro, musica e cinema sul “Piccolo”. Lo ritrovai in seguito ad altri convegni, spettacoli e alle riunioni della Associazione critici di teatro, alla quale anch’io appartenevo. Ricordo Milano, Mondello, Trieste, Bologna, Roma, e la Madonnina di Santulussurgiu, quella notte di neve del ’78, in vestaglia da camera, infreddoliti e smarriti, lui e Renzo Tian. E ricordo il suo sodalizio forte, che invidiavo, con De Monticelli, Savioli, De Chiara, Bertani, Guazzotti, Boggio. Era un grande viaggiatore teatrale Polacco, e divenendo acuto e appassionato conoscitore delle ribalte straniere, contribuì a sprovincializzare il dibattito teatrale nel nostro Paese. Redattore della rivista Sipario , fu traduttore, adattatore e collaboratore di varie istituzioni teatrali, tra cui lo Stabile del Friuli, il Piccolo di Milano, la compagnia di Glauco Mauri. Provavo soggezione nei suoi confronti. Un sentimento che proveniva dall’identificazione che facevo tra il suo stile e le mie aspirazioni di allora. Mi appariva un intellettuale borghese alla Thomas Mann, rigoroso e pugnace, progressista e gentile, appassionato ed elegante in tempi di impegno sbracato. Trovarci noi due soli in una stazioncina calabrese, quel giorno del ’75 o del ’76, in attesa del treno per Palmi, dove ci attendeva un convegno, entrambi con una portatile, non mi sembrò così casuale. Per difendere Giorgio Polacco, licenziato da Momento Sera perché si era opposto alla censura di Ultimo tango a Parigi , vi fu in Italia il primo sciopero giornalistico per motivi culturali. Lo sostenni a TuttoQuotidiano , dove lavoravo. Chi lo conosceva s’aspettava che venisse a mancare da un momento all’altro, tanti erano i malanni fisici che l’affliggevano e così radicata in lui una specie di pre-malattia, non diagnosticabile ma avvertibile, rivelata non già dal fisico gracile quanto da quei silenzi, da quell’appartarsi; la malattia di vivere intensamente e irrimediabilmente soffrire, per la quale chi lo avvicinava sentiva di doverlo proteggere. Lo vedevamo scendere dalla sua camera, salire sul pullman, andare a prendere posto in platea o a un convegno o a tavola, sempre impercettibilmente barcollante, col viso febbricitante. Era presente, lucido, ma nello stesso tempo sembrava soffrire, come se si fosse sempre lasciato dietro una notte in bianco, una telefonata tragica, un pezzo che non riusciva a venire. Neanche il modo in cui è morto, appena cinquantenne, cadendo forse per malore in un burrone della Cima Sella sulle Dolomiti, mi ha sorpreso. Così come quella febbre poteva finire di consumarlo da un momento all’altro, quell’andare barcollando nella vita e sul terreno lo candidava a cadere. E che sia andato a fare le ferie in montagna, lui a cui tutti avrebbero suggerito la pianura, è la dimostrazione che c’è qualcosa che ci spinge, nostro malgrado. Ci sono persone che non vogliono morire nel proprio letto ma sul terreno della loro sfida al mondo e al tempo. Se Giorgio Polacco barcollava perché questo tempo non merita di posarvici, si può pensare che egli sia andato a scegliersi il terreno più impervio per un’ultima passeggiata nel mondo: elegante triste stambecco in lotta impari con le rocce.

(L’Unione Sarda, 29 agosto 1992)

 

10 ottobre 1977 – Un giornalista del "Momento Sera", Giorgio Polacco è stato mandato via dall'editore perché scriveva di "vergognarsi di essere italiano perché la Corte Suprema ha definitivamente condannato il film" The Last tango In Paris è oscena e la proiezione è vietata".  All'editore non piacque la frase e propose la dimissione del reporter Giorgio Polacco. (nella foto). Bernardo Bertolucci, direttore del film proibito "L'ultimo tango a Parigi", partecipa al dibattito.

(Immagine di archivio: Keystone Pictures USA / ZUMAPRESS) Questa immagine potrebbe presentare imperfezioni in quanto è storica o di reportage. Data scatto: 10 ottobre 1977 Fotografo: KEYSTONE Pictures USA

Ora che gli archivi elettronici dei giornali ci rimandano immagini che pensavamo di aver perduto, si può ancora trovare un suo severo sorriso, immortalato accanto a un articolo apparso sul quotidiano romano "Momento Sera" per il quale lavorava, e sulle cui pagine aveva difeso con convinzione la pellicola – la più scandalosa di allora – di Bernardo Bertolucci. Quel suo "ultimo tango" a Parigi, quelle sue parole libere da pregiudizi e cautele, gli erano costate un infortunio grave nella carriera di giornalista.

Fonte: TUMULTI QUOTIDIANI.qxd 13/11/2009 16.42 Pagina 227/8 di Mario Faticoni

Leggi anche:

– la censura: L’affaire ‘Ultimo tango a Parigi’

– tutti i film di tango: Filmografia sul Tango Argentino 1915-2007

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